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Tutto è satira. Niente è satira.

Satira è un pizzicotto, un calcio sul sedere di un potente, di un sergente, di un nullatenente.
Satira è un insulto, urlato in faccia o detto sussurrato, in punta di lingua o di fioretto.

Satira è un moto d’indignazione, un atto di stizza, un gesto di irriverenza, un guanto lanciato di sfida e a volte un mare sommerso di sfiga.
Satira son io che la faccio, tu che la leggi, lui che la subisce, l’altro che si offende, il quarto che non la paga e l’altro ancora che la porta su un palmo di mano, come una medaglia o un fiore all’occhiello a un party che nessuno ha dato o a cui non è stato invitato.

Satira è un grido silenzioso, una richiesta d’aiuto in forma di risata e a volte un modo onanista per farsi pippe diverse dal solito.
Per alcuni un modo per dire “io ci sono e sono con voi” per altri più semplicemente “andatevene tutti affanculo”.
Satira è tutto e niente.

So solo che senza Satira il mondo avrebbe uno strumento in meno per poter dire la propria, sulle cose, sul mondo, su tutto quello che comunemente viene dato per assodato e scontato dalla maggior parte della gente che si accontenta di quel poco o nulla che un Potere ( più o meno occulto, nebuloso, oscuro, omertoso, macchinoso, kafkiano) lentamente ci somministra, a piccole dosi, goccia a goccia, in quella flebo che ci permette ancora inesorabilmente di vivere.

PV